Coincidenze

Clarice Lispector diceva di non credere al destino ma alle coincidenze, come quando passeggiava nel parco e una foglia si posava sui suoi capelli.
Ho sempre pensato che la letteratura fosse un discorso fra chi scrive e chi ha scritto, e lo penso tuttora, ma fino a pochi giorni fa ero convinto che gli unici che potessero decretare la partecipazione a questa tavola rotonda fossero gli editori, e per corollario gli agenti letterari, o i giurati dei Premi: se qualcuno “del mestiere” ti nota le tue parole hanno un senso, altrimenti sono un soliloquio.
Negli ultimi mesi ho visto Paterson di Jarmusch, ho scoperto un poeta in lingua inglese e una scrittrice inedita che pubblica, su un blog anonimo, bellissimi testi.
Come tre foglie, una dietro l’altra si sono posate sulla mia testa: coincidenze.
E allora ho cambiato idea.
L’arte è un esercizio privato e quotidiano che non ha bisogno di editori o di un pubblico ufficiale. L’unico pubblico che conta sono gli amici che condividono la nostra sensibilità.
Alcuni ci arrivano prima, io l’ho capito a cinquant’anni.