Ascoltate questo brano, almeno fino a metà video, perché quando l’esecuzione dal vivo termina il brano ricomincia da capo, come sottofondo allo spartito:
Lo suona Aldo Bova, e il pezzo si chiama Fandango. Quello che so dell’autore coincide con il poco che ho appreso sfogliando il suo canale YouTube, Unagondolaunremo, e cioè che è di Venezia (o vi ha vissuto a lungo), e che per un certo periodo (sicuramente sette-otto anni fa, quando seguivo regolarmente i suoi video) ha vissuto a Berlino. E’ un musicista e suona diversi tipi di flauto dolce (alto, tenore, basso). E’ anche un insegnante di musica e ha pubblicato, attraverso la piattaforma di print on demand Lulu, diversi metodi per flauto e diverse raccolte di composizioni.
Ci sono due cose che mi colpiscono di lui: il talento musicale e l’assiduità con cui si dedica alla musica (se sfogliate il canale Youtube vedrete che pubblica quasi quotidianamente, a volte suonando pezzi di altri, altre esercizi, altre ancora pezzi originali). Certo, l’assiduità è funzionale alla sua professione ma se essa si coniuga al talento emerge una profonda dedizione verso la musica. Anche io, tranne i momenti di disoccupazione, mi dedico quotidianamente al mio lavoro, ma senza il talento di Aldo Bova, talento che emerge non tanto nell’evidente precisione di ritmo e interpretazione, quanto nella qualità del suono. Proprio per questa qualità ho pubblicato il video di Fandango. Qualità che emerge pure in quest’altro video, forse ancora più bello:
La qualità del suono, il sentimento che lo anima, è ciò che indica il talento dell’esecutore.
Se oggi scrivo di Aldo Bova è per dire che ciò che mi affascina in un artista man mano che divento grande (ovvero, che invecchio), scrittore o musicista che sia, è proprio la dedizione all’arte. Non so se come scrittore io possa vantare il suo stesso talento, spero di sì, ma so che la dedizione alla scrittura ha scandito la mia vita.
Anni fa dei sintomi mi avevano fatto preoccupare e per qualche giorno ho temuto che la mia salute fosse compromessa, poi si è rivelato tutto una sciocchezza. Però in quei giorni, pensando a quello che avevo scritto trovavo sollievo, addirittura un senso di appagamento. Perché per me scrivere è uno strumento per indagare il mio sentimento del mondo, e per estensione la mia vita intera, e io, per quanto senza ricevere apprezzamenti, mi ero comunque dedicato alla scrittura: ero stato fedele a me stesso. Per questo, comparazione del talento a parte, quando mi imbatto in esempi come Aldo Bova mi sento felice, perché riconosco in altri qualcosa che mi appartiene e apprezzo oltre misura.
Quello che segue è un capitolo dal primo libro che ho scritto fra il 1995 e il 1998, un romanzo in forma di racconti. Si chiama Eco ed è la mia opera meno matura, infatti nel 2017 ho dovuto metterci mano per addomesticare le ingenuità che lo distinguevano. Però non ho potuto eliminarle tutte, perchè altrimenti avrei rinnegato il mio ritratto di allora. Tuttavia a me piace enormemente, perchè il cammino verso la dedizione per l’arte che pratico è cominciato lì, con quel libro, solo che io non lo sapevo; allora era solo una necessità immediata.
Se vi venisse voglia di sfogliare il romanzo per intero potreste cercare la versione cartacea qui; ricordate però che non è la cosa migliore che ho scritto. Se vi incuriosissi leggete invece, “a gratis”, Quattro.