Nel 1994 esce Guitarea di Franco Morone, quindi l’album ha 28 anni, ma sembra appena nato. Capita a poche opere, quelle composte in un momento perfetto. O forse la perfezione è solo nelle mie orecchie, forse tutti i dischi dei musicisti che ascolto in realtà sono perfetti, pure se io ne riconosco come tali solo alcuni. Lo so, può essere benissimo così. Del resto Guitarea non è l’unico disco di Franco Morone che amo: Miles of Blues è uno dei miei dischi preferiti in assoluto, e se dovessi consigliare un CD a chi non conosce ancora Morone gli direi di comprare Back To My Best (una raccolta di pezzi vecchi rielaborati).
Comunque sia, quando ascolto Guitarea, io penso a un lampo di sole sul pavimento, o a una foglia che spicca da un cespuglio in ombra. Di sicuro mi ricorda la bella stagione. Una bella giornata, quella in cui le cose vanno tutte bene.
Avevo già parlato dell’importanza che ha avuto per me John Renbourn nel costruire il mio sentimento dell’arte. Se Renbourn scriveva due voci (accompagnamento e melodia) intrecciandole allo stesso tempo in maniera elaborata ma orecchiabile, Morone ha il pregio di suonare come se le chitarre fossero due. Ma nella mia mente ciò che più lo accomuna a Renbourn non è la musica, quanto un sentimento di dedizione nei suoi confronti. Anche per Pierre Bensusan e Michael Hedges mi rendo conto di provare ammirazione soprattutto per questa caratteristica: vi scorgo della gente che passa la vita studiando qualcosa che ama.
Il formidabile pezzo che segue, Danzamora, è tratto da Guitarea e riproposto nella versione rivista di Back To My Best. Ecco, fra le altre cose sono grato a Franco Morone di avere scritto questo brano, che da un paio di settimane non riesco a smettere di suonare (però senza capotasto), tanto mi fa stare bene. Buon ascolto.