Una splendente anomalia

Splendi come vita, di Maria Grazia Calandrone (Ponte alle Grazie, 2021), è un altro libro (come Mi ricordo di Brainard e Gli anni della Ernaux), scritto per frammenti. E’ il racconto di una figlia rifiutata due volte: dalla madre biologica prima (morta suicida otto mesi dopo averla messa al mondo), e da quella adottiva poi (che pochi anni dopo averla accettata come figlia comincia a disprezzarla). L’autrice non analizza le ragioni di questo secondo rifiuto (anche se descrivendolo lascia intravedere la possibilità di spiegarlo attraverso un disagio mentale della seconda madre), invece offre a noi lettori la sofferenza di chi è stato vittima del disamore.

La prosa spesso ha un ritmo cantato. L’amica che mi ha inviato il libro mi ha avvertito che Maria Grazia Calandrone è una poetessa; l’avrei capito da solo notando come scandisce il ritmo della frase. Mi ha fatto quasi tenerezza vedere che l’editore si è sentito in dovere di avvisare i lettori che gli “a capo” reperibili nel testo erano voluti dall’autrice. Forse temeva che li avrebbero scambiati per un disattento lavoro di impaginazione. O forse si è perso il Novecento.

Un esempio di questa prosa poetica, dove la punteggiatura non rende solo scorrevole la frase ma soprattutto intona un canto, lo troviamo qui:

“Devo trovare il modo di sfondare il guscio, l’astuccio, il carapace, la concrezione mortale, che contiene ciascuno e, così contenendo, ci divide. Devo arrivare al cuore radiale della vita, all’infinito dentro le persone – e che lega persona a persona – e tutte queste creature, meravigliose e misere, all’eternità barbara e incandescente delle stelle.” (p. 157)

In altri punti il linguaggio della Calandrone a tratti ricorda quello di Gadda, capace di masticare lo squallore con pensieri articolati e taglienti, come questo, dove parla delle suore del collegio in cui la seconda madre l’aveva spedita:

“Rare sono le mistiche, le dardeggiate, le colpite nei visceri dall’oro del messaggio perveniente dall’angelico Nulla, quelle che condividono il mistero gaudioso del definitivo non esserci di ogni Dio. Quasi tutte finiscono, piuttosto, per presentare occhi duri, vendicativi e secchi come spade. Da essi, soffia l’ossido, il verderame di un ossimorico rancore bovino.” (p. 153)

Oltre alla forma per frammenti e un uso del linguaggio sofferente la lettura di Splendi come vita mi ha colpito per un altro particolare. A pag. 28 compare una data, “Roma, 5 giugno 2020”. Stavo quasi per scrivere all’editore per sapere se si trattava di un refuso quando il ricordo del mio cane mi ha illuminato: mi trovavo davanti la testimonianza di una scrittrice nel preciso momento in cui scriveva. “Un po’ come te, Capo” (mi avrebbe detto Cico), “che chiudi sempre i libri indicando i luoghi e l’arco temporale in cui li hai scritti.” In quel momento ho capito che autrice e personaggio coincidevano. Lo so, non sono quel che si dice un tipo sveglio… oppure sono diffidente, ho bisogno di una prova per credere in qualcosa. In quel momento ho colto il bisogno, da parte di Maria Grazia Calandrone, di confessarsi. A pagina 213 un’altra data, “10 giugno”, senza anno. Quindi fra le due pagine erano passati sei giorni. Nella “Nota” che chiude il libro, datata “Roma, 25 giugno 2020”, l’autrice ci informa che il libro “si è scritto da solo nel cuore del giugno 2020”.

Queste date, soprattutto la prima, non sono solo un ulteriore elemento biografico fra i numerosi ricordati da Maria Grazia Calandrone nel corso del suo racconto, ma un segno. Quello di una scrittrice che si iscrive in una letteratura caratterizzata da tre elementi: la frammentazione dell’io (che chiede un lavoro di ricostruzione), quella del tempo (la cui percezione diventa soggettiva), e la consapevolezza che la realtà e il suo racconto non possono coincidere (Auster è maestro in questo).

Ovviamente Splendi come vita è un testo bello anche per la storia che racconta (lo strazio di un amore rifiutato e il tentativo, forse, di cicatrizzare le ferite di chi ha sofferto per quel rifiuto), ma soprattutto mi ha colpito la sua appartenenza a un modello letterario che amo. Visto che non esiste mai un’unica strada per arrivare da qualche parte non so se quella percorsa da Maria Grazia Colandrone è passata attraverso gli autori che di più stimo oppure altri. Sono però stupito che l’editoria italiana abbia pubblicato questo romanzo. Mi sembra una splendente anomalia.